Monferrato: un esempio di architettura rurale contemporanea firmato Tenuta Genevrina

Il capannone prende forma: racconto di una costruzione che dialoga con la collina

Sulla collina di Belvento, laddove solo pochi mesi fa il terreno era stato scavato con attenzione e preparato per accogliere qualcosa di nuovo, oggi si staglia una struttura che cresce con discrezione, come se fosse sempre appartenuta a quel paesaggio. Cemento, acciaio e legno non sono elementi in contrasto, ma strumenti diversi di un unico racconto. Il progetto del nuovo capannone agricolo di Tenuta Genevrina si sta trasformando in realtà: non una semplice costruzione, ma un segno contemporaneo che dialoga con le forme morbide delle colline del Monferrato.

Da un’idea a una costruzione viva: architettura rurale contemporanea

Alla fine della seconda puntata del nostro diario Cantiere in Cantina, avevamo terminato la piattaforma di fondazione del nuovo edificio, denominato Lotto1. Da quel momento, nonostante le prime piogge primaverili che hanno rallentato alcuni passaggi, i lavori sono proseguiti a ritmo costante. La costruzione ha preso slancio, visibile giorno dopo giorno. I muri perimetrali in cemento armato sono stati gettati utilizzando robuste casseforme in acciaio, che hanno dato forma a tre dei quattro lati dell’edificio. Il lato ovest è rimasto intenzionalmente aperto: lì si collegherà in futuro il Lotto2, un’estensione che completerà l’insieme architettonico e funzionale del progetto.

Tra i lati già eretti, uno in particolare merita attenzione: quello a nord. Da qui, dal punto zero della futura strada di accesso, la parete si alza per 8,5 metri verso il cielo. È un elemento imponente ma armonico, che fungerà da ingresso visivo e fisico per chi arriverà dall’esterno. Questa parete rappresenta l’inizio del percorso pedonale che condurrà ai giardini pensili, un luogo sospeso tra terra e cielo, da cui sarà possibile ammirare una delle viste più spettacolari del territorio: colline, vigneti e, nelle giornate limpide, persino la pianura che si distende verso sud.

Acciaio in volo e legno a terra: una danza tra materiali

Terminata la parte in calcestruzzo, il cantiere si è trasformato in un palcoscenico in movimento. Le strutture metalliche, realizzate su misura in officina, sono state trasportate in loco con camion speciali. Le colonne in acciaio sono state sollevate e posizionate grazie a una gru imponente, che ormai è diventata parte del profilo visivo del cantiere. È stato quasi ipnotico osservare le travi, lunghe e pesanti—tra i 1.700 e i 2.500 kg l’una—fluttuare in aria, sospese come giganti in volo, per poi calarsi con precisione millimetrica nella loro sede.

Una volta installata l’intelaiatura principale del piano interrato, ha preso il via la fase successiva: l’arrivo delle travi lamellari in legno d’abete, provenienti dall’Austria. Queste travi, robuste ma leggere, sono state posate in orizzontale sopra la struttura metallica e formeranno la base del primo piano. L’incontro tra acciaio e legno è sempre affascinante: l’uno rigoroso e tecnico, l’altro vivo e materico. Insieme, creano una combinazione stabile, elegante e funzionale, che dà all’edificio un carattere unico.

X-Lam: un legno che non si piega (ma si adatta)

Per il solaio del primo piano abbiamo scelto un materiale che conosciamo bene e che risponde perfettamente alle esigenze di questo progetto: l’X-Lam, ovvero il Cross Laminated Timber. Si tratta di pannelli in legno massiccio multistrato, le cui tavole sono incollate con le fibre orientate in direzioni ortogonali. Questo sistema garantisce una resistenza strutturale elevata, stabilità dimensionale e una posa in opera rapida ed efficiente.

Ma al di là delle sue caratteristiche tecniche, l’X-Lam è un materiale che ha anche un valore narrativo. Ci permette di costruire con una materia viva, che porta con sé la storia degli alberi da cui proviene. In alcune parti del capannone, abbiamo scelto di lasciarlo a vista, per conservare quel legame diretto con la natura. Il legno ha la capacità di rendere ogni ambiente più accogliente, più vero. E anche in una struttura destinata al lavoro, questo conta. Soprattutto se si considera che qui non si costruisce solo per oggi, ma per i decenni a venire.

Sotto la superficie

Mentre il corpo del capannone cresceva, ci siamo occupati anche di un aspetto meno visibile, ma essenziale: la gestione dell’acqua. Abbiamo deciso di installare una grande cisterna interrata da 60.000 litri, che raccoglierà l’acqua piovana proveniente dalla copertura dell’edificio. L’obiettivo è semplice: utilizzare quest’acqua per irrigare i giardini pensili e per le attività quotidiane della tenuta che non richiedono acqua potabile.

La scelta della capienza non è stata casuale. Dopo una lunga analisi basata su medie pluviometriche, superfici e fabbisogno stagionale, abbiamo stabilito che 60.000 litri avrebbero rappresentato un buon compromesso tra disponibilità e spazio occupato. La cisterna è collegata a un sistema di pozzetti filtranti, pompe e tubazioni che ne regoleranno l’uso e lo smaltimento dell’eventuale acqua in eccesso tramite troppo pieno verso la rete fognaria. Una soluzione pratica, invisibile e integrata.

Curve d’acciaio per un tetto che guida lo sguardo

Il tetto del capannone non è solo una copertura, ma un elemento architettonico che definisce il carattere dell’intero progetto. Per questo, abbiamo commissionato la realizzazione di putrelle in acciaio curvate su misura, capaci di seguire con delicatezza la pendenza naturale del terreno. Questa scelta tecnica si trasforma in un gesto estetico: il tetto diventa una linea guida che accompagna i visitatori lungo il confine tra edificio e giardino, fino al punto più alto della struttura, che verrà completato nel Lotto3.

La curvatura delle putrelle, oltre a rispondere a esigenze strutturali, contribuisce a rendere l’edificio riconoscibile, senza risultare eccessivo. È un modo per raccontare che qui nulla è standardizzato: ogni scelta è frutto di un pensiero preciso, radicato nella volontà di costruire qualcosa di duraturo e significativo.

Sotto terra, il tempo si ferma: la bottaia ipogea

Nel silenzio sotto la struttura principale sta nascendo una bottaia ipogea, un ambiente pensato per la maturazione dei vini in condizioni ideali. Interrata, discreta, costruita in cemento armato con colonne in acciaio e legno, questa cantina sotterranea offrirà un microclima stabile durante tutto l’anno. La temperatura costante e l’umidità controllata, grazie alle proprietà naturali del sottosuolo, permetteranno al vino di affinarsi nel tempo con la giusta lentezza.

Gli spazi sono stati progettati per essere funzionali ma anche evocativi. Le luci, calde e indirette, sono state integrate tra le volte per creare un’atmosfera raccolta e rispettosa del silenzio necessario alla trasformazione del vino. La bottaia sarà anche uno spazio da vivere: accoglierà le botti in rovere, ma anche gli ospiti in visita, offrendo un’esperienza immersiva tra tecnica e racconto.

Anche i dettagli hanno voce

Nel progetto di Tenuta Genevrina, nessun dettaglio è lasciato indietro. Persino i tombini per il drenaggio delle acque sono stati pensati con cura, personalizzati con l’identità della Tenuta. Perché anche gli elementi più invisibili raccontano chi siamo e cosa vogliamo lasciare. Non è solo un edificio che prende forma, ma un’intera visione che si concretizza, fatta di equilibrio, concretezza e desiderio di fare le cose bene.